TIPOLOGIE DA BORDO RING

I GIUDICI.

Per quelli che “il cane fa esperienza”
L’eterno allievo: pur frequentando i ring da moltissimi anni, non si è mai deciso a diventare giudice: per scelta, perché non riesce a superare gli esami ENCI, perché non possiede i requisiti richiesti dalla burocrazia. Si tratta di una figura ormai scomparsa in virtù dei nuovi regolamenti che stabiliscono un tempo limite oltre il quale o si diviene giudici o si decade dal ruolo di allievi..ci mancheranno (?)

Per quelli che “portano voti”
Il Politico: spesso è anche un buon giudice, vero conoscitore della razza. Tuttavia in ring tende a comportarsi come un neo presidente del consiglio: due ministri a destra, uno a sinistra, un sottosegretario qua uno là, insomma: un occhio al cane e due alla politica. Ai meriti dei singoli soggetti in ring si somma inevitabilmente la dote di voti di cui ciascun proprietario dispone. Se non siete un rappresentante di un grande Lander non illudetevi che i vostri lusinghieri piazzamenti vengano confermati in occasione della Siegerschau.

Per quelli che “non sono amici, parenti, colleghi, votanti, ecc…”
L’imparziale: soggetto ad alta pericolosità. Sempre in buona fede, nello sforzo di apparire privo di condizionamenti, finisce per giudicare come il politico: un occhio al cane e due a come l’ambiente potrà interpretare la sua classifica. A differenza del politico non guadagna nulla e sovente rischia di scontentare un po’ tutti.

Per quelli che “restano in piedi”
L’insicuro: l’incubo dei portatori. Non è un grande conoscitore e lo sa. Sopperisce al tutto cercando di osservare il più attentamente possibile i soggetti in ring. Nella versione più pericolosa determina la classifica in base alla resistenza dimostrata da cani e conduttori dopo ore di giri di ring.

Per quelli che “il mio cane è il più bello del mondo”
Il Poeta: è adorato dai privati e chiamato più degli altri per le selezioni. I cani da lui messi ai primi posti vengono esaltati come futuri Auslese, la classe è sempre di altissima qualità, i difetti vengono evidenziati con noncuranza e i pregi massimamente esaltati. Una grande consolazione: l’uso appropriato della lingua italiana che rende sopportabile il retrogusto di melassa che rimane a fine esposizione.

Per quelli che “avanti e indietro al fuss”
L’arrogante. È la versione antipatica dell’insicuro. Qui la non conoscenza del cane viene mascherata da un atteggiamento esigente e pignolo per quel che riguarda la condotta in ring e da un’attenzione quasi maniacale ai singoli difetti più che all’armonia dell’insieme. L’arroganza è però inversamente proporzionale all’importanza della gara. Nelle esposizioni in cui non si sente sotto i riflettori può anche essere un buon giudice.

Per quelli che “speriamo di essere simpatici”
Il Pigro.Buon conoscitore, se decide di applicarsi, ma bastano un cattivo ristorante, una giornata di pioggia, una frase indisponente e perderà il suo proverbiale buon umore, giudicando come viene. Il problema è che bastano un buon ristorante, una bella giornata, un complimento carino, e il suo proverbiale buon umore investirà anche il giudizio che da serio si farà serioso.

Per quelli che “hanno fatto risultati”
Il dattero di mare. E’ il giudice arroccato, quello che in gara ha dei punti fermi e imprescindibili, ricavati dall’esperienza fatta da altri giudici o dai consigli di pochi amici fidati. Sbaglia meno degli altri a meno che non si ritrovi in ring cani di qualità ma mai presentati: in tal caso siamo al marasma totale.

Per quelli che “hanno buoni cani”
Il Giudice. Il giudice con la G maiuscola è quello che ha occhio per i cani, ha capacità e fortuna di intuire un riproduttore, è rispettato da tutti gli altri giudici. Spesso fa anche il politico, ma la conoscenza dei cani gli consente di esserlo con classe, è sempre sicuro senza essere arrogante. Può accettare più di un compromesso e, come tutti gli esseri umani, non è infallibile, né imparziale (ma veramente in cinofilia l’imparzialità è una dote?)

I PORTATORI

Il portatore da corsa
Convinto che il cane ottenga posizioni dimostrando di superare il diretto avversario in velocità, il portatore da corsa si produce in continui allunghi, portando il cane ora a destra ora a sinistra, e sempre nelle gambe di chi gli sta davanti. A meno di non trovare un giudice particolarmente sensibile a questo tipo di atteggiamento il risultato che ottiene è quello di nascondere il cane invece di farlo vedere, se poi si trova davanti un cane particolarmente litigioso rischia una colluttazione (anche nel caso in cui ad essere particolarmente litigioso sia il portatore avversario). Quando invece si trova in testa, non rinuncia alla sua vocazione rischiando di scoppiare il cane o, nel caso in cui il giudice non lo fermi, di scoppiare i conduttori delle posizioni di coda.
Il portatore corsa ad handicap
Categoria che comprende: i portatori “ci vuole un fisico bestiale”, intesi come tutti quelli che, pur sapendo quello che dovrebbero fare, non possiedono il fisico per realizzarlo; i portatori che pur avendo il fisico, non hanno la più pallida idea di quello che devono fare, sbagliano i tempi, fanno chiamare il cane quando non è il momento, riescono nella sublime impresa di creare una nuova, impossibile andatura: il trotto ambiato e, infine, i portatori paperino, quelli a cui si slacciano continuamente le scarpe (e non lo stanno facendo apposta per far rifiatare il cane), si rompe il guinzaglio (sembra impossibile, ma succede), quelli che inciampano nell’unico paletto che sporge in un terreno enorme, che scivolano nel momento culminante degli spareggi, rovinando a terra e impiegando un paio di minuti per liberare il groviglio cane-guinzaglio (perché scivolando, sacrificano mento e ginocchia ma non lasciano il cane)
Il port-attore
Apparentemente è un professionista, ma la sua unica ambizione è quella di presentare il cane vincente. Non essendo in grado di capirlo da solo ascolta i giudici o gli allevatori per sapere quale può essere il cane candidato ad un buon piazzamento, rinunciando spesso a guadagni sicuri per la propria ambizione a farsi notare. Spesso, rimanendo indeciso sino all’ultimo nel tentativo di salire sul cavallo vincente, finisce per non azzeccare mai il cane giusto trovandosi in posizioni di rincalzo. Non è quasi mai amato dai giudici per quel suo modo un po’arrogante di guardarli continuamente durante la gara incalzando il concorrente avanti a lui con l’aria di chi dice: “ma non lo vedi che il mio cane è meglio?” E’ uomo scaltro che tenta tutti i trucchi per risparmiare il cane (famoso quello di fermarsi per allacciare le scarpe) o per prendere posizioni (spesso l’”avanti un posto” del giudice diventa un “avanti due o tre”). La sua sicurezza è solo mera apparenza: più la gara si fa importante più gli aumenta la tensione. Un suo segno distintivo è quello di essere monocorde: presenta tutti i cani nello stesso modo: spesso per temperamento è un portatore da corsa, ma ne esiste anche una versione detta “andamento lento” in entrambi i casi se trova un portatore professionista viene regolarmente messo in difficoltà. Quando accade e comincia a perdere posizioni la colpa è inevitabilmente di chi non ha ben allenato il cane o non lo chiama nei modi e nei tempi giusti, allo stesso modo se parte in posizioni di rincalzo prima finge di non aver compreso, poi se la prende comunque con il chiamatore, infine assume un’aria da “io sono qui per caso” e si disinteressa completamente del cane chiacchierando con gli spettatori a bordo ring o con gli altri portatori avanti e dietro di lui.

Il professionista
Primo od ultimo cambia poco, il cane deve sempre essere presentato al meglio. Sempre attento a posizionare il cane, a lanciarlo al momento in cui il giudice lo guarda, capace di fargli prendere fiato nei momenti di pausa, il professionista chiacchiera poco, non è mai distratto, non si emoziona. Ama conoscere il cane che presenta e, se lo prende a guinzaglio la prima volta, prova almeno un paio di giri di ring prima che la gara abbia inizio. Non manca mai di rispetto al giudice, anche se riesce comunque ad imporgli il suo carisma. Riconoscete il professionista anche solo osservando le foto scattate in ring dei cani che conduce: mai fuori posto. Il problema vero è che tra Germania e Italia, i portatori di tale sorta si contano sulle dita delle mani.

L’APPASSIONATO
Il privato monocromo

E’ l’appassionato dottor Jeckill a cui qualche incauto allevatore ha venduto un soggetto da ring, che partecipando a qualche gara, ha ottenuto qualche risultato, trasformando il nostro in un mister Hyde delle esposizioni. Il suo cane diviene il centro dell’universo, prima nel tentativo di fargli ottenere tutti i traguardi possibili, poi cercando tutte le femmine disponibili per fargliele coprire, infine cercando di portare avanti i suoi figli per dimostrare la validità della sua riproduzione. Incurante degli insuccessi, convinto che il suo cane sia il partner ideale per ogni femmina di pastore tedesco esistente, capace di cogliere somiglianze somatiche come certi parenti alla nursery di fronte a 50 neonati tutti uguali, tutto il suo universo cinofilo ruota attorno al suo capostipite. Quando non eccede riesce ad essere persino tenero e, sicuramente, ha il pregio di non vendere il cane il giorno dopo aver ottenuto un risultato importante.
Il privato da grande voglio far l’allevatore
Trascinato nel vortice della follia cinofila, spesso dopo aver cominciato con cocenti delusioni, non si accontenta più di portare in ring dei cani allevati da altri ma vuole produrli in proprio. Ambizioso, se regge l’attesa dei due anni senza affisso a correre per le ENCI, diventa allevatore a sua volta, con risultati che dipendono dalla fortuna, dalle sue capacità, dal suo impegno e dalla sua passione, se l’astinenza da risultati in ring gli diventa insostenibile diventa spesso un uomo ombra
L’uomo ombra
E’ il privato espositore, con la passione per l’allevamento, che decide di lavorare con un allevatore famoso. I cani sono spesso di sua proprietà, gli accoppiamenti decisi di comune accordo. Ci sono uomini ombra che durano lo spazio di una cucciolata ed altri che lavorano una vita con lo stesso allevatore contribuendo, a volte in modo determinante, ai suoi successi in ring. Gli uomini ombra duraturi si distinguono per la grande professionalità, la lealtà nei confronti dell’allevatore e il rispetto per i cani, ma non fatevi ingannare dal loro presentarsi sotto tono: in realtà sono ambiziosi, perfezionisti e detestano perdere.

L’ALLEVATORE
L’allevatore monocromo
Riassumendo è il privato monocromo che ha ottenuto l’affisso (spesso riconoscibile dal fatto che l’affisso in questione richiama il nome del suo cane)
L’allevatore io non vivo con i cani
Come se la mancanza di professionalità fosse una dote, non fa altro che sottolineare come per lui l’attività cinofila sia solo una passione che non ha nulla a che vedere con il lavoro. Se non regala i suoi cuccioli, chiede cifre spesso spropositate per quelli che giudica soggetti promettenti e se, soprattutto, non ottiene risultati in ring con i suoi cani, meglio di gran lunga non averci nulla a che fare.
L’allevatore questo sconosciuto
E’ il socio SAS che pur avendo ottenuto l’affisso dall’ENCI, in realtà non ha allevato quasi mai. Continua ad aggirarsi per i ring con l’aria di chi dica “vorrei ma non posso” e, a chi lo accusa di avidità, risponde, a ragione, che lui non vive con i cani.
L’allevatore presenzialista.
Lo stakanovista delle esposizioni. Lo trovate ad ogni gara, dal più piccolo e sperduto sezionale sino alla Siegerschau. Non importa se ha il cane giusto, se i suoi soggetti sono in forma, né chi sia il giudice. Spesso trascina con sé una corte di privati affascinati dalla sua passione, che, di fronte a risultati spesso non proprio esaltanti, riesce, per un miracolo incomprensibile, a far sentire ugualmente soddisfatti dall’aver partecipato. Ammirevole.
L’allevatore professionista
Sia che viva o meno grazie ai cani comunque non potrebbe rinunciarvi. Siccome spende tempo e denaro per i suoi animali ritiene altamente morale che questi ultimi lo ricambino almeno mantenendo le spese, inoltre, poiché con loro lavora, si fa rispettare e li rispetta, mai dimentico che non sono merce ma esseri viventi.

I CHIAMATORI
Il chiamatore c’è ma non si vede.
Nella versione positiva è il chiamatore a cui il cane è talmente affezionato che non è neppure necessario chiamarlo: è sufficiente che il cane sappia che lui si trova in qualche punto lì intorno. Nella versione negativa è il proprietario che dimentica di farsi vedere dal cane e di chiamarlo o perchè appartiene alla categoria dei chiamatori-Paperino (vedi oltre), o perché si distrae dalla gara o anche perché tutto quel correre e gridare lo fa sentire un tantino ridicolo. La versione più odiosa (soprattutto per il portatore) è il chiamatore che, del tutto dimentico del cane e del suo conduttore, si ferma ad inveire contro il giudice o contro l’allevatore, se il suo cane non inizia la gara in una buona posizione.

Il chiamatore c’è e si vede troppo.
E’ il chiamatore che, non ascoltando i consigli del suo portatore che si sbraccia e urla di nascondersi, si muove nell’assoluta convinzione che il cane abbia necessità di averlo sempre nel suo campo visivo. Riconoscete inequivocabilmente questa tipologia osservando il suo cane che, con un movimento totalmente scomposto, trascina il proprio conduttore come un bravo siberian husky la sua slitta.

Il chiamatore c’è ma non si sente.
A volte non è nemmeno colpa sua perché ha una voce flebile e in tutto quel correre e gridare non riesce proprio a farsi sentire, a volte è il chiamatore convinto che sia sufficiente farsi vedere dal cane senza bisogno di chiamarlo, versione detta anche il maratoneta perché, per rimanere sempre nel campo visivo del cane, senza usare la voce, percorre forsennato il ring sempre davanti all’animale ( superfluo dire che, se non riesce a mantenere la giusta posizione, per il portatore comincia una gara da incubo, vedi anche la categoria “chiamatori alla rovescia”)

Il chiamatore c’è e si sente troppo.
E’ la categoria degli urlatori e degli inventori con trombe, fischietti, marchingegni elettronici, campanacci, ecc…Sono l’incubo acustico degli spettatori e spesso anche l’incubo acustico del loro cane che, quando è un animale intelligente, li osserva con noncuranza con l’aria di chi dica: “va bene, ti ho sentito, sei lì…e allora?” Il risultato che ottengono è spesso quello di rendere il cane totalmente indifferente anche perché sembra che l’intensità dell’urlo e l’inventiva nel creare oggetti di richiamo, sia inversamente proporzionale al grado di affezione.

Il chiamatore alla rovescia.
Anche qui una versione positiva: il chiamatore che gira intorno al ring in senso inverso rispetto al cane chiamandolo quando si trova nella posizione migliore. Nella versione negativa è invece il chiamatore che si fa sentire o vedere dal cane quando si trova dietro di lui, costringendo il portatore a sforzi disumani per far proseguire l’animale nella giusta direzione.

Il chiamatore Paperino.
Categoria vasta che comprende:
i chiamatori che non hanno il fisico.
i chiamatori che non hanno la voce.
i chiamatori che non hanno esperienza.
i paperino per vocazione.
Le prime tre sottocategorie si comprendono da sole, mentre i paperino per vocazione si riconoscono già al momento in cui fanno scendere il cane dall’auto: non riescono ad agganciare il collare, si aggrovigliano nel guinzaglio, sono quelli che dimenticano i documenti e il pettorale in macchina, arrivano trafelati a bordo ring dopo corse estenuanti che li fanno partire già con un handicap prima che la competizione vera e propria abbia inizio. Se devono entrare nel ring per far bere il cane rovesciano buona parte dell’acqua, vanno violentemente a sbattere nello spettatore che assiste alla gara, inciampano e cadono rovinosamente a terra, costretti perennemente a fuggire le ire del loro portatore quando, per colpa della loro eterna sbadataggine, fanno perdere delle posizioni al cane. Per loro fortuna, come tutti i personaggi da fumetti che si rispettino, sono assolutamente indistruttibili…

L’IPERCRITICO DA BORDO RING
L’ipercritico da bordo ring è facilmente riconoscibile a partire dall’abbigliamento elegant-casual, stile “sia chiaro che sono solo uno spettatore”. Purtroppo ne esiste anche una varietà mimetica che, anche se non si occupa quasi mai dei cani, gira in tuta e scarpe da tennis. Costantemente alla ricerca dei difetti dei cani presentati si esibisce, sguardo attento, capo lievemente inclinato su un lato, in considerazioni come queste: “il tipo è antico, l’omero è corto, il posteriore è poco angolato, il posteriore è troppo angolato, la mandibola è debole, la testa è troppo pesante, l’allungo non è dei migliori, bisogna vedere a 12 mesi la lastra, bisogna vedere se poi morde al Campionato, tanto un cane italiano in Germania cosa vuoi che possa fare se non è figlio di cani tedeschi” e via discorrendo. La sua peculiarità: non ci azzecca mai, quindi gioite se il vostro cane non gli piace e preoccupatevi molto se non gli trova troppi difetti. Se pensate che porti sfortuna e desiderate allontanarlo esiste un sistema pressochè infallibile (sistema che consente anche di smascherare la versione mimetica): prendete il vostro cane più espansivo, lasciatelo giocare in una pozzanghera e fatelo avvicinare al personaggio in questione con la minaccia di inzaccheragli gli abiti.

 

 

 

 

 

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