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Questione Amorale.

Leggevamo, alcuni giorni fa, un bell'articolo di Oliviero Beha sul Fatto Quotidiano dal titolo “Amoralità”.

La SAS che, in fondo, è un piccolo specchio sghembo del mondo reale, ha anch'essa la sua “questione amorale”.
Proviamo a spiegarci meglio raccontando l'articolo. Beha cita Berlinguer (che parlò di questione morale in politica nella famosa intervista a Scalfari del 1981) e scrive che, oggi, la questione morale in politica è divenuta tutt'altra cosa e si farebbe un torto alla memoria di quel Berlinguer mischiando rozzamente e ipocritamente le carte/parole. “Non di questione morale (che richiama quindi il suo contrario nell’immoralità violante dei comportamenti, in politica come altrove) si deve parlare, ma di “questione amorale”: l’aggettivo dopo aver cambiato di segno si è autopolverizzato e quell’alfa iniziale ne fa fede in modo apparentemente irreversibile. Perché un conto è richiamare alla moralità considerandola violata, cosa ben diversa è farlo in assenza accettata di moralità, appunto nell’amoralità condivisa.
Un'amoralità che avvolge il paese, sostiene Beha, e, viene da dire, anche la SAS.

E' esattamente questo il reale problema. Il tessuto sociale è inevitabilmente e forse irreversibilmente contaminato.

A Pomezia, il 19 dicembre, c'è stata un'ulteriore dimostazione di quello che è divenuta la SAS.

I soci hanno scelto, non ci sono state vere e proprie imposizioni. Non ce ne è stato bisogno. Più di 400 persone si sono recate a votare e hanno espresso un voto granitico, frutto di una mentalità chiusa, fondata su un pensiero monistico, con un modello rigido di riferimento che ottiene identità altrettanto rigide e replicanti, che vedono il cambiamento come negativo e pericoloso. Un atteggiamento che, duole dirlo, è tipico dei sistemi autoritari. Il socio SAS di oggi è educato come in un' 'ndrina, che non prevede autonomia decisionale, ma solo l'appartenenza. Infatti il singolo viene riconosciuto esclusivamente in funzione del rapporto che ha con l'associazione: può essere un sostenitore, un collaboratore, un nemico. L'Associazione offre protezione, conferisce un riconoscimento sociale, riempie un vuoto, dando una risposta ad un bisogno di identità e appartenenza. Non importa che si tratti di una risposta deviata e abnorme. Non importa che, per ottenere il riconoscimento sociale, si debbano accettare (o fingere di non vedere) situazioni amorali o al di fuori delle regole civili.
L'importante è difendere i propri privilegi, il proprio status anche a costo di divenire complici o corresponsabili delle prevaricazioni e delle violazioni delle norme. Nella migliore delle ipotesi si assume un atteggiamento di apparente neutralità di fronte alle trasgressione dei diritti e dei regolamenti.
Per giustificarsi, il popolo SAS ha una serie di scuse che vanno dal “non è possibile cambiare il sistema”, al “ è sempre stato così”, sino al “non esiste una valida alternativa”.

E' davvero così? Certo chi invoca il rispetto delle regole e la trasparenza non è mai guardato di buon occhio ed è , da sempre, minoritario. Lo ha ampiamente dimostrato il consenso all'unica lista che ha posto regole e trasparenza come conditio sine qua non del proprio programma elettorale. Certo gli oltre 400 voti raccolti (forse non tutti, ma almeno in buona parte, frutto di convinzione e condivisione del programma Per il Pastore Tedesco) hanno persino superato le aspettative previste. Tuttavia è un dato di fatto che tale lista sia stata, nel sentire comune, considerata una sorta di “Cenerentola” e non gli sia stato riconosciuto lo status di una forza politica in grado di porsi come reale “alternativa di governo”.

Per paradosso si è invece guardato, come possibile “alternativa”, ad un progetto politico privo di ogni altra progettualità che non fosse quella di rovesciare il potere attualmente al governo, ma che di fatto è sembrato condividere l'attitudine al compromesso, l'ambiguità, persino il ritenere come non completamente eliminabile una certa quantità di scarsa moralità e la difesa dei propri privilegi da parte dei potenti.
All'agire amorale non si è opposto un sentimento forte di eticità ma un potere altrettanto amorale, in prevalenza basato sull'influenza economica e sistemi clientelari altrettanto, se non persino più, forti di quelli praticati dalla dirigenza di governo.

I soci SAS, di fronte ad un falso bipolarismo, hanno reagito con la rassegnazione, l' individualismo di difesa, non perchè non conoscano, o non vedano o ci sguazzino nello status quo, ma perchè – a loro dire – non vi sono opportunità o prospettive diverse.
Meglio allora, non potendo cambiare, scegliere il conformismo e persino la rinuncia ai propri diritti, in nome del “è sempre stato così e non possiamo farci niente”.

Eppure la colpa dell'incapacità di cambiamento di un meccanismo sociale non può essere delegata ad altri.

Ciascun socio SAS è un elemento essenziale, solo con la consapevolezza e la voglia di reagire ad un sistema ci si può liberare di una mentalità ormai così radicata da divenire la norma, una mentalità fatta forzatamente propria anche quando (almeno a sentire i discorsi fatti da moltissimi soci anche a Pomezia) non ci appartiene e non ci riconosciamo in essa.

Per paradosso, lo abbiamo visto noi , direttamente impegnati nel progetto Per il Pastore tedesco, il potere politico di governo si è preoccupato dell'esistenza di una reale forza di opposizione (appunto la "lista Niccolini") più di quanto avrebbero meritato i numeri che questa opposizione poteva esprimere.
Avrebbe dovuto essere, per i soci SAS, un forte segnale quello della preoccupazione (non vorremmo dire della paura) dei potenti di fronte a chi si richiami a principi morali e al rispetto delle regole, di fronte a chi conservi la memoria dei fatti e non dimentichi come e in che modi sia stato esercitato il potere istituzionale da chi si propone oggi come l'unico valido governo per la SAS.
Avrebbe dovuto essere un segnale forte.
Invece, per paradosso, persino a dispetto dell'atteggiamento degli stessi potenti, i soci SAS non hanno voluto nemmeno provare, anche solo con l'immaginazione, a pensare alla possibilità di un modo diverso da quello imposto di gestire la SAS. Pur potendo esprimere liberamente il loro voto non hanno nemmeno provato ad uscire dagli schemi prefissati, nemmeno con una indicazione simbolica del nome di Antonella Niccolini togliendo uno solo dei consiglieri musoliniani. Questo pur avendo applaudito il suo intervento, molto duro, in Assemblea. (qui il link al discorso)

Non hanno alzato la testa, opposto resistenza, sono sembrati quasi riconoscenti ai potenti che li risparmiano dal peso della libertà di pensare. E' comodo e facile. Non discostarsi e non mettere in discussione la realtà ufficiale è semplice, non implica sconvolgimenti o preoccupazioni, è (apparentemente) indolore e permette di vivere in tranquillità.

Non si può fare una distinzione di colori politici. La maggioranza dei soci SAS, anche a queste ultime elezioni, o ha consegnato le sue deleghe a Musolino o le ha consegnate a Verpelli, gli ultimi due Presidenti SAS.
Quindi si può, a ragione, dire che la maggioranza dei soci SAS votino per chi ha esercitato (e nulla fa supporre che non intenda più continuare a farlo) il suo ruolo istituzionale per proprio tornaconto personale, votino chi ha governato (e nulla fa supporre che non intenda più continuare a farlo) facendo proprio il motto “il fine giustifica i mezzi”e piegando i regolamenti alle proprie soggettive intepretazioni, votino per chi ha ragionato (e nulla fa supporre che non intenda più continuare a farlo) in termini di “o sei con me o sei contro di me”, votino per chi, per conquistare il potere (e nulla fa supporre che non intenda più continuare a farlo) ha sempre ritenuto necessario sporcarsi le mani, utilizzando i vari capibastone detentori da sempre di pacchetti di voti o raccogliendo voti facendo promesse "in cambio di".

Così appare normale che le regole che governano il mondo SAS debbano obbligatoriamente essere quelle della forza, dell' astuzia, dell' intrallazzo o del potere. Così appare normale che le azioni (si tratti di giudicare un campionato, di frequentare il campo di un famoso addestratore, di poter ottenere risultati con i propri cani) si compiano non perchè sono diritti dei soci, ma perchè rappresentano privilegi concessi dal potere.

Appare normale che, chiunque si dedichi alla politica, debba fisiologicamente assoggettarsi a quel modus operandi, al “così fan tutti”; debba , inevitabilmente, sporcarsi le mani, o, meglio, è molto probabile che le mani le abbia già sporche, altrimenti politica non l'avrebbe mai fatta.

Così, alcuni di quei soci che, per autorevolezza, carisma, capacità, potrebbero cambiare le sorti della SAS, si trincerano dietro un “non voglio avere a che fare con la politica, perchè è un mondo sporco, dove non si può entrare senza subire contaminazioni o, nel caso non si accettino compromessi, si è destinati a soccombere”. Oppure si illudono di modificare, dall'interno, il sistema, senza rendersi conto che non si possono imporre le regole del bridge ad un tavolo dove i contendenti stiano già applicando le regole del poker.

Così, in questo mondo a-morale, di deroghe alla regola, dove sono strani se non derisi quelli che rispettino le norme e chi provi a fare politica parlando di trasparenza, regole condivise e "tavoli programmatici", in questo mondo, la maggioranza dei soci SAS ha operato la sua, consapevole e non costretta, scelta.

Così , oggi, 2 gennaio, la maggioranza dei soci SAS potrà, come Marylin , intonare il suo amorevole "Happy Birthday, Mr. President".

  Daniela Dondero e Leandro Falaschetti, 2 gennaio 2011.