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backLa suddivisione tra settore bellezza e settore lavoro.

"Schäferhundzucht ist Gebrauchshundzucht. Ist sie dies nicht mehr, so ist es auch keine Schäferhundzucht mehr!"

Eine gefällige Erscheinung ist anzustreben. " Schön ist, was dem Gebrauch dient "

Sono frasi del creatore della razza, Max von Stephanitz. Perchè si è arrivati, oggi, a rischiare di perdere di vista il pastore tedesco, creando una vera e propria dicotomia tra i due settori?

La risposta per noi è semplice. Perchè l'obbiettivo non è stato quello dalla selezione, della tutela e del miglioramento della razza, ma un obbiettivo prettamente agonistico. Perseguendo ciascuno il proprio obbiettivo agonistico i due settori si sono allontanati dallo standard e dal pastore tedesco. Si sono avute quelle derive sia morfologiche che caratteriali già previste dallo stesso von Stephanitz. Non è un caso che la prova meno compresa da entrambi gli agonisti dei due settori, la prova che entrambi abolirebbero, è la Resistenza, una prova invece molto importante ai fini selettivi, sia morfologici che caratteriali.

Per paradosso, una razza che trae la sua grandezza dalla sua poliedricità e che nasce come unione di razze diverse cercando di fondere le caratteristiche migliori, sia morfologiche che caratteriali (ed anche attitudinali e fisiologiche) rischia di venire nuovamente divisa in “sottorazze” del tutto monche ed incomplete dal lavoro e dalle scelte di accoppiamento (non usiamo volutamente il termine selezione) degli agonisti dei due settori.

Citiamo alcuni scritti, condivisibili, di Pezzano Pietrogino: "La selezione delle razze canine ha portato alla fissazione di tratti comportamentali specifici che, insieme alle caratteristiche morfologiche tipiche, differenziano il cane domestico nelle diverse razze. Le caratteristiche comportamentali non sono di minore importanza rispetto a quelle morfologiche nella tipicità di una razza. Le caratteristiche razza-specifiche devono essere considerate essenziali durante la formulazione dei piani di selezione.
La corretta e attenta valutazione delle caratteristiche comportamentali tipiche può contribuire a limitare intollerabili deviazioni del comportamento quali ad esempio gli spiacevoli incidenti spesso riportati nei quotidiani.

[...]La differenziazione della popolazione in base alle diverse attitudini lavorative ha costituito la prima suddivisione in ‘razze’. Questa prima suddivisione ha fornito il materiale genetico su cui poi si è sviluppata la moderna selezione delle razze canine. E’ possibile quindi affermare che le razze moderne derivino dai primitivi cani da lavoro.
L’obiettivo di selezione per le attitudini al lavoro ha per lungo tempo costituito il punto cruciale dell’allevamento insieme alla ricerca dell’armonia dell’insieme; ha tuttavia perso importanza nel momento in cui la selezione ha favorito solo le caratteristiche morfologiche limitando, in diversa misura, la possibilità di trasmettere le caratteristiche attitudini di molte razze.

L’impiego dei cani in gare di lavoro permette di valutare i soggetti per le loro caratteristiche attitudinali, mancando il confronto sportivo sulle caratteristiche lavorative l’individuazione dei soggetti migliori per questi tratti comportamentali risulta praticamente impossibile. (http://www.ildobermann.it/_news/amatori_non_basta.html)

E ancora (si riferisce al dobermann, ma si tratta di concetti assolutamente validi anche se applicati al pastore tedesco): " Il modo migliore di servire la razza è, dunque, sforzarsi di raggiungere il tipo descritto dallo standard attraverso programmi di allevamento, mostre e prove zootecniche. Operare in maniera diversa da questa significa fare un danno alla razza ed anche ai propri allevamenti. Mi sto qui riferendo al fatto che taluni appassionati, giudici ed allevatori, sembrano portati ad esagerare nella ricerca di alcune caratteristiche di tipo, non ponendo la dovuta attenzione ad una corretta selezione del dobermann normale ed armonico come lo standard lo descrive e promuovendo esagerazioni del tipo invece di riconoscere il pregio nella sua giusta misura. [...]Poiché il carattere del dobermann e le sue doti naturali sono ben descritte e fanno parte integrante dello standard, ogni giudice allevatore ed amatore dovrebbe comprendere e sapere che questa valutazione è imprescindibile e deve essere fatta nella maniera corretta prima di qualificare qualsiasi soggetto e, soprattutto, prima ammetterlo alla riproduzione. (http://www.ildobermann.it/_news/la_conoscenza.html)

Sulla dicotomia che ha portato, nel cane da pastore tedesco, alla suddivisione tra i due settori , alcuni dei più importanti teorici del pastore tedesco in Italia, hanno scritto in diverse riprese. Ricordiamo un articolo pubblicato sul n°58 di Work Dogs da Mauro De Cillis (giugno 1997) sull'evoluzione morfocaratteriale del pastore tedesco. De Cillis fa una sua considerazione, verrebbe da dire al limite della cinofollia, sostenendo che l'istituzione obbligatoria delle prove di lavoro per i cani da esposizione ha favorito la selezione dei soggetti più adatti alla vita moderna. Citiamo testualmente da quell'articolo (le sottolineature e i grassetti sono nostri): obbligati per regolamento a “brevettare” i propri cani in modo da poter conseguire dei risultati nelle competizioni di bellezza, gli allevatori tedeschi si trovarono di fronte alla necessità di farlo nel minor tempo possibile. Infatti, per riuscire a mantenere il proprio valore commerciale sul mercato, un soggetto di punta, al pari di qualsiasi altro personaggio di spettacolo quale attore o una modella, non può permettersi di stare troppo tempo assente dal ring, dal set o dalla passerella, pena un rapido oblio. Così, più o meno consapevolmente, ci si accorse che i soggetti più rapidi nell'apprendere erano i più giocosi, infantili, emotivamente dipendenti. Naturalmente tali soggetti risultavano per contro più fragili, anche se, in cambio, immensamente più facili da addestrare, a patto che non si mettesse alla prova in modo eccessivo la loro capacità di sopportazione. Di conseguenza, gli esercizi di brevetto vennero insegnati loro sempre più come un gioco e l'attacco trasformato in elegante e coreografico balletto affidato alla raffinata abilità del figurante al quale toccava ora il compito non più di contrastare, bensì di assecondare il suo antagonista. Generazione dopo generazione, il pastore tedesco divenne sempre più giocoso, dolce e, soprattutto, dipendente . Ed è proprio in questa dipendenza affettiva che risiede oggi il segreto del suo successo, che ne fa il cane più duttile, eclettico e affidabile del mondo". L'articolo di De Cillis, pur non condivisibile nelle conclusioni, fa una precisa analisi di quanto accaduto nel mondo espositivo. Aggiungete anche che, per superare le prove in tempi brevi, la stragrande maggioranza degli allevatori, coaudiuvata da addestratori e giudici compiacenti, ha truccato le carte, permettendo a cani senza requisiti di superare le prove di lavoro, e il quadro sarà completo. Peccato che il risultato di tale scempio non sia affatto il cane più duttile, ecclettico e affidabile del mondo. Tale modus operandi ha di fatto portato alla selezione di pastori tedeschi privi dei necessari requisiti caratteriali (in primo luogo la tempra, ma anche, l'affidabilità e l'equilibrio). Per fortuna il grande Max von Stephanitz, evocato in coda a questo articolo (“credo che von Stephanitz ne sarebbe oltremodo soddisfatto!”) dopo essersi rivoltato nella tomba, si prese la sua doverosa rivincita. 8 anni dopo, nel 2005, De Cillis tradusse “Il giudizio del cane da pastore tedesco” di Max von Stephanitz. Ispirato e (forse) redento dall'opera del Rittermeister, De Cillis scrisse nella sua prefazione, rivolgendosi agli appassionati dei due settori, lavoro e bellezza: ad entrambi consiglio di leggersi questo libro. Esso costituisce una guida alla comprensione della razza e, nel contempo, un appello al buon senso, ricordando una volta di più, che il pastore tedesco E' E DEVE RIMANERE UNO SOLO!

Piero Alquati, invece, ha scritto a più riprese sull'argomento, a cominciare da un articolo pubblicato, sempre su Work Dogs, n°13 1991, nella rubrica Spigolature, dal significativo ed esplicativo titolo: "Corriamo ai ripari per evitare un divorzio" . Dopo un'analisi storica sulle motivazioni che, già 100 anni or sono, portarono alla dicotomia tra soggetti da esposizione e soggetti da impiegare nelle prove, Alquati sottolinea come "Una cinofilia più modernamente e concretamente intesa deve poter ridurre gli effetti di questo ultracentenario divorzio; per esempio, andrebbero indette competizioni il cui vincitore dovrebbe scaturire dalla graduatoria derivante dalla somma di un punteggio, sortito valutando sia le qualità morfologiche, sia le qualità caratteriali, sia che si tratti di cani dediti all'impiego venatorio, che di utilità e difesa. Si costringerebbero così allevatori ed addestratori a convivere in un solo uomo; ciò migliorerebbe una produzione che avrebbe lo scopo di fondere in un'unico animale, qualità morfologiche e di impiego. Un impegno che attraverso la conquista di ambiti titoli, gratificherebbe lo sforzo allevatorio rivolto in una ambivalente soluzione." E sempre Alquati (citiamo sempre testi pubblicati agli inizi degli anni novanta) ci ha insegnato, sintetizzando, che il cane da pastore tedesco è : "Morfologicamente un trottatore dotato di grande resistenza, di media taglia, di media sostanza, testa lupoide con orecchie diritte, tronco allungato, angolazione scapolo-omerale pronunciata, metacarpo flesso, groppa lunga e leggermente inclinata, posteriore con pronunciata angolazione femoro-tibiale. Tutte caratteristiche che sono fondamentalmente legate alle esigenze morfo-funzionali del trottatore che deve muoversi con un passo il più allungato possibile. Caratterialmente un soggetto medio-reattivo, con buona resistenza, dotati di buoni impulsi di vigilanza, difesa e lotta, buone doti di fiuto, con molteplici attitudini che consentono una notevole addestrabilità (da "Parliando della selezione di razza" di Piero Alquati, Work Dogs n°35 1994). Questo cane, la cui ricchezza risiede nella grande poliedricità, deve essere allevato ponendo attenzione " alle qualità morfologiche, ma anche a quelle caratteriali, così come a quelle fisiologiche", perchè " il presupposto di chi ama la razza è la ricerca del carattere nel rispetto della sua anatomia e della sua natura biologica legate al tipo costituzionale" . E sulla filosofia selettiva che tende alla differenziazione morfologica e caratteriali dei ceppi, Alquati avverte che " finirebbe a scindere nuovamente la razza del pastore tedesco in vari sottogruppi, dimenticando che vi fu un momento in cui, con una magica intuizione, si decise di creare la razza del pastore tedesco attraverso la fusione di diverse razze da pastore tra loro simili." Occorre quindi tornare a guardare al passato perchè " una più saggia gestione dei criteri di accoppiamento ci viene dal passato quando, con coraggio e saggezza, si tendevano a selezionare le buone doti caratteriali con la buona morfologia". E ancora, sempre Alquati (da Carattere e morfologia di Piero Alquati Work Dogs n°16, aprile 1991): "Per una soluzione radicale della dicotomia “carattere morfologia” si devono nominare selezionatori con piene responsabilità e non monchi di valutare il carattere ed il comportamento del soggetto in esame, peraltro già controllato da Giudici specifici delle prove di brevetto. Il titolo di Selezionatore dovrebbe essere assegnato, come avviene nella tanto apprezzata Germania, a persone che, oltre ad essere giudici di morfologia, fossero anche Giudici di prove di lavoro (il testo è scritto quando in Italia nella prova di selezione venivano impiegati due giudici, uno di lavoro per la parte caratteriale, uno di esposizione per la parte morfologica n.d.r.). E ciò non solo per migliorarne la capacità selettiva, ma per creare in loro una competenza autonoma e poliedrica, completamente diversa dall'attuale. Invece pare che ognuno voglia crearsi un ambito di competenze da coltivare con cura, come il proprio orticello. La soluzione di questi annosi problemi non potrà sortire sin tanto che, attorno ad un tavolo, non metteremo allevatori, giudici dell'allevamento e dell'addestramento in riunioni libere a tutti i Soci e non riservate a pochi ras dalle forte criniere ornate da mazzolini di deleghe. Una disinibita analisi dei riproduttori, resa pubblica, è indispensabile e quanto più sarà critica, tanto più potrà risultare vantaggiosa allo stesso riproduttore, perché impiegato con maggiore oculatezza, contribuendo ad omogenizzare carattere e morfologia ad elevati valori.

Scrive ancora Alquati: "Il problema carattere è comune a tutte le razze da impiego, essendo il loro utilizzo sempre meno richiesto, mentre viene sempre più apprezzato il loro abito morfologico che procura facili gratificazioni commerciali all'allevatore."

Il nodo è sempre il solito. Le "gratificazioni commerciali", il "valore commerciale" citato da De Cillis nel suo articolo.

Il pastore tedesco e la sua tutela passano in secondo piano. Il resto è filosofia, commercio e politica.

Daniela Dondero e Leandro Falaschetti, 8 aprile 2010

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