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I nostri articoli sul Pastore tedesco

vendemmiaMetafora enologica. (per non girare la frittata).
Il vino si fa con le uve che si hanno?

Pare che uno dei problemi da affrontare e risolvere nel cane da pastore tedesco sia oggi quello delle iperangolature del posteriore. Meyer ne ha parlato alla riunione tecnica del sabato sera prima della Siegerschau ed anche in precedenza nei diversi raduni da lui giudicati durante la stagione espositiva. Il tema è stato affrontato anche nella riunione giudici in Italia, dove Meyer ha presentato una sua relazione in merito, con tanto di supporti fotografici e dimostrazioni su come il problema si presenti molto grave in quanto va ad inficiare la funzionalità del pastore tedesco.
Forse non tutti sanno che la discussione sugli angoli accentuati del pastore tedesco, nel Regno Unito, ha prodotto moltissime polemiche tra il Kennel Club britannico e la GSD League. In breve: il Kennel Club ha deciso , a partire dal 2012, di non concedere più i Challenge ( l'equivalente dei nostri CAC, senza i quali non si può essere proclamati campioni nazionali ) ai cani da pastore tedesco.
La querelle prende l'abbrivio dal documentario BBC dal titolo Pedigree Dog Exposed che, nel 2008, ha sconvolto il mondo delle esposizioni canine , e continua con la recente polemica a seguito dell'intervista televisiva a commento del vincitore del BOB per i pastori tedeschi al recentissimo Crufts 2010. In quell'intervista il pastore tedesco che si è aggiudicato il titolo di migliore di razza viene stigmatizzato dall'intervistatrice che si chiede se il dorso non sia troppo arcuato e il posteriore iperangolato. Le polemiche, che hanno visto una veemente reazione da parte degli allevatori ed appassionati di pastore tedesco britannici, nascono dalla mancata difesa della razza da parte della rappresentante del Kennel Club che ha sostanzialmente confermato i dubbi sulla razza sollevati dall'intervistatrice ed affermato come il KC, conscio del problema, stia lavorando per dare corrette indicazioni agli allevatori di pastore tedesco.
Ora, la posizione del Kennel Club britannico è chiaramente un'esasperazione (specie se fatta da un'ente che non ha voluto inserire nessun parametro di controllo sanitario per la razza, nonostante le richieste e proposte della GSD League), tuttavia deve essere letto come un importante segnale d'allarme dei rischi che si corrono.

E' anche di fronte a questi segnali che il responsabile mondiale ha sollecitato l'attenzione al problema. Perchè, se è pur vero che un posteriore iperangolato non è indicativo di uno stato di displasia delle anche, è anche vero che garretti che oscillano, schiene carpate e posteriori eccessivi rendono il cane poco funzionale, non solo al lavoro precipuo per cui è nata la razza (la conduzione del gregge), ma anche alla vita quotidiana.
E, politicamente parlando, se il Regno Unito non è certo una nazione ai primi posti, numericamente e culturalmente, per l'allevamento del cane da pastore tedesco, le tematiche del Kennel Club britannico sono state ampiamente riprese e pubblicizzate dal sito della neonata RSV2000 di Helmut Raiser, che si propone in antitesi con la SV e ne sottolinea le derive selettive, sia morfologiche che caratteriali.
Anche per questo, in Germania, come in Italia, il tema della correttezza del posteriore è diventato di assoluta attualità.
Ora, al pari di quanto accaduto con il problema della taglia eccessiva nei cani da esposizione, anche questo del posteriore viene sollevato decisamente in ritardo, quando, nei numeri, ha assunto una rilevanza di non poco conto. Analizzando le linee di sangue maggiormente utilizzate, l'impressione è , per usare un detto popolare, che si provi a chiudere la stalla quando i buoi sono, ormai da tempo, scappati. Infatti stiamo innestando su una linea Visum-Max-(Dux)-Quantum-Zamp, già portatrice di queste problematiche ed ampiamente utilizzata e premiata in esposizione, le linee di Vegas e le provenienze da Baru (Furbo, Paer, Irok , Yerom) che certo non sono miglioratrici per quanto riguarda gli angoli di posteriore eccessivi. Ovvio che, in questo quadro, le indicazioni da dare agli allevatori ed appassionati da parte dei responsabili di settore non siano facili. Meyer ha provato, con tutta probabilità, a cercare un suo criterio che (la sintesi è una nostra interpretazione personale) si riassume in : premiare, tra i cani con posteriori iperangolati e che ripropongono questo problema nei figli, quelli che portino altri pregi importanti (classe, taglia e, soprattutto, anteriore giustamente angolato), scegliere come continuatori di stalloni importanti e con angoli eccessivi quelli che, almeno fenotipicamente, si presentassero con posteriori il più possibile corretti e solidi.
Il concetto è quello, espresso anche da Luciano Musolino nel raduno di Vimercate, di “fare la frittata con le uova che si hanno”.
E' un concetto condivisibile?
A nostro avviso sì e no.
Proviamo a spiegarci meglio. Cambiando metafora, visto che ci pare che l'enologia si confaccia di più a spiegare, speriamo in modo comprensibile, quanto vorremmo dire.
La produzione di vini è, al pari dell'allevamento, un'arte (o almeno lo è se fatta con passione e cura). Quando i produttori si mettono al servizio dei gusti del pubblico e delle leggi di mercato, si assiste ad un impoverimento e ad un imbarbarimento della produzione. Così, i grandi vini rossi si “imbastardiscono” con vitigni di tipo diverso, elementi che non rientrano “nello standard” (leggi disciplinari DOC e DOCG) ma che allineano la produzione alle richieste di un mercato fatto da clienti per i quali i vini pregiati sono più uno status symbol che non una passione nata da vere conoscenze.
E' il noto scandalo “Brunellopoli” esploso nel 2008. Gli interessi economici dei produttori presero il sopravvento e si “aggirò” il disciplinare che prevedeva il solo utilizzo di uve sangiovese, inserendo percentuali di altre uve, perchè le quantità di sangiovese disponibile erano insufficienti a coprire la domanda crescente di mercato ma soprattutto perchè il consumatore, in particolare quello americano, preferiva al gusto forte del Brunello Doc una variante morbida, più dolce e 'transalpina'.
Un mercato ignorante a cui ci si doveva adeguare.
Non ricorda da vicino la giustificazione, ahimè spesso sentita dai giudici tedeschi (crf Schweikert alla riunione tecnica del Campionato 2004), che “i cani grandi piacciono agli acquirenti orientali” ?
In questo quadro, meno il cliente è consapevole ed attento, più facile è, per il produttore, diminuire i costi e la qualità del prodotto. In fondo, si autoassolvono i produttori, sempre di uva si tratta, non stiamo mica operando alla Ciravegna (vedi vicenda tristemente nota del vino al metanolo...dove l'uva non c'era proprio).

Questaci pare una metafora assolutamente applicabile alla “filosofia delle deroghe”operata negli ultimi vent'anni nella selezione del pastore tedesco da parte delle società specializzate. Il mercato chiedeva pastori tedeschi con colori accattivanti, rossi e neri, teste imponenti, taglie oltre lo standard....il selezionatore si adeguava alle richieste di mercato, fingendo che quei cani, spesso con un difetto da squalifica, fossero in perfetto standard. Tante splendide bottiglie di Brunello DOCG, con confezioni di lusso e qualche deroga al disciplinare, ma tanto..."sempre di uva si tratta, in fondo non stiamo facendo danni".
Così, procedendo di deroga in deroga, lo standard veniva sempre più aggirato e la bellezza da funzionale diventava sempre più ricerca estetica, del “bello che piace” e non del “bello perchè funziona”.
Hermann Martin , forte anche di una enorme conoscenza dei cani e di un grande carisma sugli allevatori, ha giocato in modo impeccabile il ruolo dell'equilibrista, mantenendosi sul filo della “deroga a patto che” (a patto che il cane riproduca in un certo modo, che porti determinati pregi all'allevamento,ecc), aprendo però in modo irreversibile la stagione delle deroghe tout court. Non a caso, consapevole della sua grave malattia, scelse Peter Messler come suo successore e non uno dei giudici a lui più vicini. Quel Messler che, scevro di interessi economici, avrebbe potuto guidare l'SV senza farsi troppo condizionare dal mercato. Inizialmente il progetto di Messler fu proprio quello di un ritorno al pre-Martin, alla filosofia di Rummel. Un rifiuto delle deroghe, con attenzione alla funzionalità e al carattere, in una parola al rispetto dello standard. Ma nemmeno Messler riuscì a portare a compimento il suo progetto. Incalzato dagli allevatori, dovette cedere alle loro pressioni ed accettare stalloni che presentavano per lui difetti gravi, quando non derive dal tipo costituzionale, ma che, impiegati in allevamento, portavano dei pregi. Inoltre, non avendo né la personalità, né il curriculum allevatoriale di Hermann, la sua capacità di indirizzare gli allevatori fu minima.
Con la sua scomparsa per l'SV si aprì poi una stagione da “tana liberi tutti” le cui conseguenze sono quelle odierne, con le deroghe divenute talmente usuali da essere considerate come regole (qualche tempo fa un espositore ci chiese se poteva tentare il passaggio di classe con un soggetto selezionato di seconda perchè: “alla misurazione, è solo 66 cm”).

In questo quadro e con l'esperienza degli ultimi vent'anni di selezione, è corretto applicare il principio “il vino si fa con le uve che si hanno?”
A nostro avviso, prendendo atto che, con tutta probabilità, non abbiamo più i numeri per produrre un vino con tutti i crismi voluti dai disciplinari, occorrerà giocoforza utilizzare le uve che si hanno, cercando il più possibile di scegliere quelle che rispettino lo standard, in attesa di ricostruire i vecchi vigneti.
Ma, e questo crediamo sia il nodo fondamentale, occorrerà anche, con forza, dichiarare in modo chiaro quali uve si stiano usando. Questo significa fornire agli allevatori, attraverso la selezione e le prove (sia le esposizioni che le prove caratteriali) delle indicazioni chiare e precise, senza omissis ipocriti, volti a proteggere il mercato. E significa anche, in attesa di riformare una vera cultura cinofila che ormai si sta sempre più perdendo, cominciare ad utilizzare lo strumento della classifica per dare le prime, chiare indicazioni. Perchè un cane che vince sarà sempre, perchè vincente, assunto a modello ed utilizzato in riproduzione. Se un problema in allevamento è davvero tale, vale a dire si pone come obbiettivo da sconfiggere, allora i cani che presentano quel problema e ancor più quelli che lo trasmettono, devono essere penalizzati. Questo vale in primo luogo per i difetti da squalifica, come la taglia e il carattere, ma vale anche per i difetti gravi, che allontanano il pastore tedesco dal suo tipo costituzionale o che ne inficiano la funzionalità.
Memori di alcune conversazioni con allevatori, vorremmo fare una precisazione, che ci pare sia poi il nodo fondamentale delle problematiche che si incontrano oggi, nella selezione.
Spesso, discorrendo su queste tematiche, ci siamo sentiti dire che non si può allevare su cani mediocri, senza grandi difetti ma anche senza pregi, allo stesso modo in cui ci siamo sentiti dire, quando esprimiamo la nostra convinzione che ci debba essere maggiore interazione tra il settore delle esposizioni e quello delle prove, che gli accoppiamenti tra linee da bellezza con linee da lavoro fanno solo disastri.
Condividiamo entrambe le cose.
Accoppiando due cani mediocri è molto alta la probabilità di ottenere cani mediocri.
Accoppiando il cane forte di carattere con il cane bello il rischio maggiore è ritrovarsi realizzata concretamente la famosa battuta di Einstein a Marylin Monroe (interazione lavoro-bellezza per noi significa solo apprendere quanto di valido vi sia nelle conoscenze degli addetti ai lavori di entrambi i settori, non tentare improbabili alchimie selettive)
Allevare pastori tedeschi è tutt'altro che semplice e le variabili impazzite con cui fare i conti sono davvero tantissime, se così non fosse i teorici delle statistiche e gli scrittori di splendidi libri sul pastore tedesco riuscirebbero sempre ad avere grandi cani. Allo stesso modo chi alleva è però nell'obbligo di studiare, informarsi, comprendere il più possibile, costruire ceppi per linee femminili, sperimentare.
E' (dovrebbe essere) la società di razza a fornire gli strumenti per chi voglia dedicarsi all'allevamento.
E' (dovrebbe essere ) la società di razza, attraverso l'operato dei propri giudici a fornire le indicazioni.
La gara è una verifica del lavoro svolto e un confronto con il lavoro altrui, è (dovrebbe essere) crescita zootecnica e momento di informazione-formazione.
Quando gli scopi rimangono esclusivamente zootecnici allora la soddisfazione personale di veder premiato il proprio lavoro come allevatore o l'orgoglio di possedere un cane che rispecchi in pieno le caratteristiche della razza, si abbinano alla passione per il pastore tedesco e alla voglia di imparare e conoscere quanto più possibile di questa razza. In quest'ottica a vincere deve essere il cane migliore (e non necessariamente il proprio cane) o meglio il cane che, in quel particolare momento storico dell'allevamento, ne interpreti le esigenze. E nulla vieta, all'espositore-allevatore, di apprezzare ed utilizzare, comprendendone i pregi, anche il cane posizionato nelle retrovie perchè portatore di un difetto considerato, in quel momento storico, grave, ma con pregi che possono essere utili per la propria cagna. E il giudice non deve essere il produttore capace di strabiliarci con il miglior Brunello di produzione propria, con il quale ha conseguito i più prestigiosi premi, ma deve essere il produttore rispettoso dei disciplinari e soprattutto l'appassionato somelier capace di insegnare a cogliere tutte le sfumature del vino, di spiegare quale sia la composizione delle uve, quali i metodi di invecchiamento, capace insomma di fornire agli appassionati gli strumenti per affinare il gusto e ai produttori gli strumenti per cimentarsi al meglio nella difficile arte della viticoltura.
Questo è il ruolo che attiene al giudice e che attiene anche alla società di razza, che non può essere ostaggio delle leggi di mercato, ma deve essere esclusivamente al servizio della razza, proprio come un consorzio di tutela, capace di farsi garante del rispetto delle regole e della diffusione della cultura . Ovviamente, i produttori che fanno parte del consorzio andrebbero scelti tra coloro in grado di fornire garanzie, con il loro operato, di non essere sensibili alle lusinghe economiche e di non anteporre le proprie ambizioni personali al bene societario. Brunellopoli docet.

Daniela Dondero e Leandro Falaschetti, 3 aprile 2010

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