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Le opinioni dei Lettori

 

Spunti di riflessione.

Lo Standard di razza. Il perchè dei parametri metrici del cane da pastore tedesco. La parola a Max von Stephanitz.

L'evoluzione della taglia nei soggetti titolati. Dalle "giustificazioni" di Funk sul titolo a Condor Zollgrenzschutz-Haus alle misurazioni degli Auslese.

Le tabelle con misure e pesi di Gorrieri.

Lettera di un giudice selezionatore al Presidente SAS

Il nostro articolo :
"Se il problema taglia
diviene un escamotage politico"

Le altre opinioni dei lettori sul tema "taglia":
Piervito Bardi
Andrea Bertolini
Oreste Palmieri
Raffaele Attanasio
Rocchino Curcio
Paolo Ricca

 

 

Le domande dei Lettori

Lunedì, 9 marzo 2009. Il Problema Taglia.

Mi congratulo per il sito e colgo l'occasione per dire la mia. Leggo i giudizi del campionato di allevamento del PT anno 2008 classe lavoro femmine e le prime tre classificate auslese vengono descritte come di giusta grandezza poi, vedo il DVD e ascolto il giudizio riferito alle stesse cagne: vengono definite di taglia grande.Ma , non sarebbe più giusto definirle in taglia o fuori taglia e basta; oppure, ancora, riferire l'altezza al garrese riportata sul giudizio della selezione? Non ci sarebbe così nessun equivoco e anche un profano capirebbe qualcosa in più. Tengo a chiarire che questa non è una critica al sig. Capetti che apprezzo e stimo (sono iscritto alla SAS dal 1982). Cosa ne pensate?

Saluti. Rocchino Curcio

9 marzo 2009

Mercoledì, 12 marzo 2009. La nostra risposta.
Il problema Taglia. Deroghe e regole.

Carissimo signor Curcio, il problema da lei sollevato è quanto mai attuale e ci ha dato lo spunto per una serie di approfondimenti sul tema che troverà nei link a lato. Ha ragione per quanto riguarda l'esempio da lei fatto. I giudizi pubblicati sulla rivista delle tre cagne citate riportano la dicitura " di giusta grandezza", mentre, nel video, si dice della prima e della terza "soggetto grande" mentre sulla seconda il giudice non fa menzione della taglia. Equivoco dovuto al fatto che, nell'immediatezza del giudizio al microfono, probabilmente Capetti ha espresso un pensiero da analisi oggettiva dello standard (per cui una cagna di 59.5/60 cm è da definirsi "grande"), mentre, nello scritto da pubblicare sulla rivista SAS, ha utilizzato la dicitura "di giusta grandezza" intendendo "grandezza nei limiti imposti dallo standard" (e stiamo sempre parlando di femmine 59.5/60 cm). Un piccolo escamotage linguistico che ha senso se consideriamo il fatto di avere un parco cani le cui misure reali sono spesso oltre quanto indicato dallo standard di razza, tanto che, in Italia come in Germania, i giudici hanno ricevuto dalle rispettive società di razza, delle direttive volte a "derogare" di un cm (in qualche caso anche due) rispetto a quanto previsto dal regolamento. A quanto mi risulta il giudice della classe lavoro femmine ha misurato personalmente tutti i soggetti che gli sono stati presentati al giudizio in classe lavoro (soggetti che, occorre ricordarlo, erano già quasi tutti in possesso della selezione di prima classe, quindi formalmente forniti di un documento ufficiale che certifica una taglia nello standard) ed ha escluso dal novero dei soggetti titolati quelle cagne la cui altezza al garrese superasse i parametri previsti dallo standard (probabilmente con parametri un tantino "allargati" a comprendere anche il cm di tolleranza che prevede ancora la possibilità di selezione. Tradotto: cagne con altezza reale sino a 61 cm ma non oltre).

Quanto alla domanda se non sarebbe più giusto dare una definizione di "in taglia" o "fuori taglia", oppure riportare il giudizio di selezione, il problema nasce purtroppo da un continuo derogare alle regole stabilite .

La taglia è un elemento che determina l'esclusione dallo standard di razza. Un cane che superi di più di un cm il limite consentito (quindi una cagna con un'altezza al garrese superiore ai 61 cm o un maschio con un'altezza al garrese superiore ai 66 cm) è considerato dallo standard alla stessa stregua di un pastore tedesco a pelo lungo, monorchide, criptorchide, con difetti di dentatura, displasico o con gravi problemi caratteriali. L'essere "fuori taglia" è un difetto da squalifica. O meglio, avrebbe dovuto esserlo. Invece, mentre sugli altri difetti morfologici da squalifica* si è stati inflessibili a prescindere dalle qualità zootecniche presenti in un soggetto, per quanto riguarda la taglia si sono troppo spesso chiusi tutti e due gli occhi. Le ragioni? Il cane "grande" piace. Il cane "grande" si vende. Il cane "grande" ha altre caratteristiche che potrebbero essere utili per la razza. Spesso, parlando della più famosa cagna fuori taglia della storia del pt, Palme Wildsteiger Land, si è data come spiegazione la necessità, attraverso Palme, di conferire sanità articolare e comunque di non poter rinunciare a soggetti la cui riproduzione si rivelasse di altissimo valore. Senza Palme non avremmo avuto Uran e la Q. wurf Arminius, ad esempio. Volendo andare ancora più indietro nel tempo, basta vedere l'influenza riproduttiva di Vello sieben Faulen (attraverso il nipote Lido Wienerau), soggetto molto grande e depigmentato. Ora, mentre però poteva avere un senso, in fase di costruzione della razza, temere "l'eccidio da cinometro", cioè il rischio di perdere dei pregi importanti rinunciando all'impiego di uno stallone o di una fattrice fuori taglia, un ragionamento del genere, oggi, non ha più molto senso. Il problema però è che, a partire proprio da quelle vecchie "deroghe", si è affermato un costume non codificato da regole, ma reso comune dalla consuetudine del "così fan tutti" per il quale al cane fuori taglia si è "perdonato", cominciando a modificare le misure di selezione. Tornando ai due esempi fatti, Vello non fu selezionato, Palme ricevette la sua brava selezione di prima classe. Un discrimine non da poco che sancisce un passaggio fondamentale. Da una società di razza che ha come riferimento precipuo la tutela del pastore tedesco per cui, agli espositori e agli allevatori, vengono fornite le informazioni corrette, viene detto "utilizzate pure quel soggetto perchè riproduce pregi importanti, ma sappiate che si tratta di un soggetto con delle problematiche" (come fece, in riferimento all'emofilia di Canto Wienerau, Christopher Rummel) , si passa ad una società di razza dove la tutela corporativistica e degli interessi economici diviene predominante. Una società dove la selezione di seconda classe per la taglia viene vissuta come un'onta, non parliamo poi dell'eventualità del non vedersi concedere la selezione. I figli di genitori non selezionati non hanno accesso ai titoli, i cani selezionati di seconda o non selezionati non coprono. In due parole prevale l'interesse economico-corporativistico che determina l'operato dei giudici e dei selezionatori in particolare. L'equivoco nasce anche dalla considerazione che il difetto di qualche cm in più, se unito a corrette proporzioni, non viene realmente vissuto come grave. Io stessa ho più volte scritto che consideravo molto più gravi le derive caratteriali, le problematiche legate alla salute e le derive dal tipo costituzionale, piuttosto che il cm o due di troppo. Con il tempo e con un'analisi oggettiva e distaccata della situazione non posso che dover dare ragione ad uno dei componenti della redazione di questa rivista, Leandro Falaschetti, con cui, sul tema taglia, ho affrontato discussioni molto accese. A distanza di 4 anni da quelle discussioni, mi sento di dover citare (e condividere) le sue considerazioni talebane in merito al problema. "L'unica cosa indiscutibile resta la misurazione del cane, sempre se fatta correttamente, e se si è riusciti a fare quello che si è fatto in barba all'unica cosa certa e comprovabile, non si può chiedere che poi non esistano posizioni talebane.Per chiarire ulteriormente, dico come vedo in generale e "spannometricamente" la situazione. Parco zootecnico con forti carenze caratteriali, rapporto peso/potenza (funzionalità) peggiore di quello di 30 anni fa, nessun rilevante miglioramento sulla displasia dell'anca, quella del gomito...lasciamo perdere, per non parlare di emofilie sterilità ecc...
Dico "per non parlarne", non perché sia una situazione gravissima, ma perché chi ne parla verrebbe tacciato di fare danni economici.
E questo è frutto di brevetti,selezioni, prove caratteriali,cinometri, ecc... tutti politicamente corretti e non talebani. Io sarò talebano, non saprò fare cani, ma se chi li sa fare ha portato il pt ad una stasi, se non ad un regresso se guardiamo le taglie, allora penso che dovrebbero essere gli ultimi a parlare proprio gli artefici di questo risultato, Giudici selezionatori in testa.Credo che di fondo non ci sia una vera volontà di scelte rigorose, ma come sempre una cosa che lascerà tutto come prima; oggi le indicazioni sono di nuovo "la deroga", o il controllo da parte di chi dovrebbe in realtà penalizzare il proprio operato e parco riproduttori.
Forse questo è il vero, in soldoni, motivo di tanta stasi. Se l'altezza è un difetto da squalifica vuol dire che la sua importanza a livello selettivo e zootecnico è FONDAMENTALE per la razza e il suo utilizzo. Quindi o è lo standard a sbagliare ed allora è giusto premiare i soggetti fuori taglia o ha ragione lo standard. Tutto il resto è filosofia, commercio e politica.
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